Viviamo un tempo incerto, instabile
e insicuro.
E’ un tempo di crisi e di ansia, di scoramento e paura, di scelte
difficili e forse epocali ma anche di opportunità.
Il modello di sviluppo mondiale, basato sull'illusione di una
possibile crescita illimitata, ha da tempo raggiunto il suo massimo punto di
espansione: da oltre dieci anni il nostro pianeta non
riesce più a reintegrare per vie naturali quello che noi, umanità, consumiamo.
Il modello liberista in cui sono
immerse le nostre vite ne mercifica ogni aspetto per trarne profitto.
La finanziarizzazione
spinta dell'economia ha creato bolle
speculative che, una volta esplose, hanno generato la crisi devastante che stiamo
vivendo.
Siamo testimoni di modalità di gestione del pubblico che sfruttano
il patrimonio collettivo allo scopo di riprodurre capitale finanziario
generando ricchezza per pochi, negando e distruggendo ogni aspetto del bene comune.
Lavoro, stato sociale, istruzione, diritti, territorio, patrimonio
pubblico, conoscenza: tutto è considerato
merce vendibile che deve entrare nelle disponibilità di soggetti privati per
ripianare un debito prodotto per sostenere la crescita illimitata della società
dei consumi.
Le modificazioni provocate dall’uso di combustibili fossili, da produzioni nocive, da un ciclo dei rifiuti gestito in modo perverso dallo spreco di risorse e da irresponsabili e devastanti modificazioni artificiali del territorio sono concausa della crisi stessa, provocando disastri naturali, siccità, inondazioni, carestie, crisi agricole e migrazioni massicce.
Le modificazioni provocate dall’uso di combustibili fossili, da produzioni nocive, da un ciclo dei rifiuti gestito in modo perverso dallo spreco di risorse e da irresponsabili e devastanti modificazioni artificiali del territorio sono concausa della crisi stessa, provocando disastri naturali, siccità, inondazioni, carestie, crisi agricole e migrazioni massicce.
Uno dei principali rischi di tale situazione è quello di pensare di poter uscire dalla crisi con un regime
in cui gli individui diventano schiavi del debito (ne sanno qualcosa i popoli
africani, e più recentemente la Grecia, che
da decenni pagano il debito contratto su imposizione
del FMI) creando una massa di poveri senza diritti e senza cittadinanza, senza
prospettive di una vita dignitosa e senza nemmeno più un ambiente in cui vivere
in salute.
In tutto il mondo, l’assalto sfrenato alle risorse naturali si è intensificato proprio in seguito all'attuale crisi: la finanza e le imprese riescono sempre più spesso a esercitare pressioni e a ottenere di sfruttare a fini privati e speculativi le risorse comuni disponibili senza più controlli da parte degli stati.
Sui media l’uscita dalla crisi viene condizionata alle "grandi opere": infrastrutture inutili , con le quali si vorrebbe favorire la cosiddetta ‘ripresa’.
Non da ultimo l'approccio alla crisi climatica e ambientale imposto dal modello della green economy il quale, utilizzando concetti quali quello di "sviluppo sostenibile", preservazione del territorio e “razionalizzazione”, sottintende la volontà di mettere a profitto l'ambiente e di negare l'idea di bene comune.
Il territorio vicentino non è al riparo da tale attacco: il consumo di territorio, i progetti di costruzione di nuove autostrade, linee di incenerimento, discariche di rifiuti più o meno tossici, ipermercati, centri logistici e altre svariate e distruttive forme di inquinamento e cementificazione e di speculazione edilizia stanno devastando il territorio. Il Veneto è la regione italiana dove esiste il record della cementificazione e di grandi opere distruttive.
In tutto il mondo, l’assalto sfrenato alle risorse naturali si è intensificato proprio in seguito all'attuale crisi: la finanza e le imprese riescono sempre più spesso a esercitare pressioni e a ottenere di sfruttare a fini privati e speculativi le risorse comuni disponibili senza più controlli da parte degli stati.
Sui media l’uscita dalla crisi viene condizionata alle "grandi opere": infrastrutture inutili , con le quali si vorrebbe favorire la cosiddetta ‘ripresa’.
Non da ultimo l'approccio alla crisi climatica e ambientale imposto dal modello della green economy il quale, utilizzando concetti quali quello di "sviluppo sostenibile", preservazione del territorio e “razionalizzazione”, sottintende la volontà di mettere a profitto l'ambiente e di negare l'idea di bene comune.
Il territorio vicentino non è al riparo da tale attacco: il consumo di territorio, i progetti di costruzione di nuove autostrade, linee di incenerimento, discariche di rifiuti più o meno tossici, ipermercati, centri logistici e altre svariate e distruttive forme di inquinamento e cementificazione e di speculazione edilizia stanno devastando il territorio. Il Veneto è la regione italiana dove esiste il record della cementificazione e di grandi opere distruttive.
In tutta la provincia, in risposta a questa
situazione, sono sorti e stanno sorgendo
iniziative e comitati, promossi dai cittadini, che si oppongono ad un simile
percorso di uscita dalla crisi. Essi rappresentano, nelle loro istanze e nel
loro porsi come embrione di alternativa, una possibile superamento dell'attuale
distruttivo modello dominante.
Essi
nascono dall’esperienza di vita quotidiana delle persone in rapporto
all’ambiente circostante, con lo sguardo e il pensiero spesso rivolti verso le
nuove generazioni e una visione ecologica più ampia che si innesta sulla
capacità di produrre e sintetizzare conoscenza su temi specifici utilizzandola nella lotta e nella pratica
condivisa.
Tali
iniziative si sviluppano dal basso, al di fuori dei partiti, anche se a volte i
gruppi e gli individui possono intrattenere con gli stessi delle relazioni il
più possibile produttive e finalizzate all’obiettivo.
E’ quindi urgente che si delineino dei punti di riferimento reali nel
territorio, che si facciano delle proposte anche di gestione concreta
dell’esistente (per esempio nelle amministrazioni locali), che si renda
evidente una possibile alternativa e che siamo in grado di realizzarla
concretamente.
Perciò, di fronte all’attacco al territorio e alle risorse, di fronte alla gravità della crisi e ai rischi che essa rappresenta, alcuni comitati hanno deciso di costituire la Rete dei Comitati dell'Alto Vicentino con lo scopo di creare un nuovo livello di coordinamento e soprattutto di relazione fra le persone e i gruppi, di
far crescere la conoscenza e le competenze, di abbracciare la
complessità delle questioni in campo, dall’acqua alle energie, alla
gestione del territorio, alla produzione.
La Rete dei Comitati
dell'Alto Vicentino, nell'intento di difendere i beni comuni, in
merito al cambiamento da realizzare propone di sostituire:
- al modello consumistico di gestione della produzione e dei rifiuti attraverso discariche e incenerimento, un modello basato sul riciclo, lo sfruttamento energetico, la tendenza verso “rifiuti zero”
- al modello di trasporto basato su auto/gomma/idrocarburi/asfalto un modello basato su mobilità sostenibile (ferrovia/idrotrasporto/combustibili alternativi/economia di prossimità/autostrade informatiche)
- al modello produttivo consumistico e inquinante, il riuso, l’uso di materiali e tecniche produttive compatibili sviluppati anche da nuove ricerche
- al modello attuale di sfruttamento delle energie, propone in alternativa lo sviluppo di energie rinnovabili e sostenibili (eolico, solare, termico…) e l’efficienza energetica
- all’agricoltura su scala mondiale dominata dalla logica del profitto un’agricoltura a km zero basata sul rispetto delle popolazioni e del territorio, della stagionalità e della biodiversità (agricoltura biologica e biodinamica)
- al commercio fondato su competizione sfrenata, mercati globali, catene e trasporto di beni da un continente all’altro, un commercio vicino ai cittadini, equo e solidale
- alla cementificazione e al consumo indiscriminato di territorio, lo sviluppo di agricoltura, turismo di qualità, rispetto dei beni naturali e del paesaggio
- allo spreco di risorse scientifiche, conoscitive, generazionali che vengono operate coi tagli al sistema dell’istruzione, propone in alternativa lo sviluppo di scuola, università e ricerca.
Altro tema fondamentale, che attraversa tutti i nodi precedentemente
descritti, è la questione della democrazia.
La democrazia rappresentativa, appare sempre più succube degli
interessi di pochi, perdendo di significato e efficacia. Essa viene usata sempre più come mero strumento di legittimazione del
saccheggio e della corruzione: una facciata dietro a cui nascondersi.
A questo opponiamo, e non può essere altrimenti, una crescita
democratica dei cittadini, di coloro che vivono nel territorio, che si
concretizza in pratiche e stili di vita più sani e rispettosi dell’ambiente e
delle relazioni, in forme istituzionali autonome da un lato, in partecipazione
consapevole alla gestione pubblica locale dall’altro.
I referendum sui beni comuni hanno dimostrato che esiste la possibilità di incidere a livello informativo, sociale e politico.
Riteniamo che, ove
possibile, sia necessario agire anche nelle istituzioni locali andando a
cambiare i modelli di governo locale, cercando di inserire modelli di
democrazia basati sulla partecipazione deliberante, perché come si è detto, non
abbiamo solo desiderio di ricercare nuovi stili di vita e di informare sulle
possibilità che essi offrono, ma anche di praticare l’opposizione alle opere
nocive che avanzano e di rappresentare un’alternativa concreta, vincente e
maggioritaria.
Usiamo il tempo che ci è
dato per cambiare il tempo che viviamo!
Comitati Difesa Salute e Territorio (NO Pedemontana)
Comitato NO G.O.L.F.
Sarcedo
Arcadia Ambiente e Territorio
L'acqua e il bosco della Val
Posina
No Valdastico Nord.
LABC Laboratorio Civico di Romano d'Ezzelino
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